sabato 25 ottobre 2008

Cervelli in procinto di fuggire

Una breve chiacchierata avuta oggi pomeriggio mi ha schiarito le idee su quello che penso e sto provando in questo periodo. Perciò ho deciso di scrivere questa lettera, nella speranza che qualcuno la legga e capisca che forse gli studenti non protestano solo per non fare lezione, ma perché sono davvero incazzati. Io personalmente non so quanto protesterò, ma è perché ormai sono piuttosto scoraggiato, disilluso e pessimista.

Caro Paese,
l'istruzione è la chiave per il futuro. Nel mondo moderno il sapere e l'imparare sono importanti più che mai per dare ai giovani condizioni d'esordio decisamente ottimali. Lo scopo primario perciò consiste nell'offerta delle migliori opportunità di istruzione per i nostri bambini e ragazzi, perché la "materia prima" intelletto è la risorsa più preziosa che abbiamo.
Non sono parole mie, sono quello che pensa dell'istruzione il governo bavarese, che infatti ha tra le sue uscite la voce più importante l'istruzione, che da sola ricopre ¼ delle spese. Esiste quindi qualcuno per il quale l'istruzione è veramente una risorsa e un investimento. Probabilmente hanno anche strutture più adeguate ed organizzate delle nostre, ma questo è conseguenza dell'impegno a crearle, al fine di formare meglio i propri giovani. Del resto qualunque imprenditore sa che per far partire il circolo virtuoso della propria azienda occorre un investimento, l'iniezione di un capitale iniziale.
Tuttavia, quello che ho visto fare negli ultimi anni, sia da destra che da sinistra, è stato una presa d'atto che la scuola italiana non funziona, che il piazzamento degli studenti medi nei ranking internazionali di preparazione colava a picco, che scuole e università sprecavano ingenti risorse. Tutto vero, ma ciò che n'è seguito è stata una serie di tagli punitivi, senza alcuna pretesa di riorganizzazione per renderle efficienti. Questo innesca il meccanismo opposto, come dovrebbe ben sapere il nostro attuale Premier, laureato in economia e capitano d'impresa di successo.
Invece si procede con ulteriori tagli ai fondi, costringendo le università a tagliare le offerte agli studenti. A cominciare dalle borse di dottorato, fondamentali per quei (pochi) studenti usciti da facoltà scientifiche. Niente dottorati significa niente ricerca, quindi niente progresso. In un momento in cui “competitività” è una parola chiave nel dibattito politico, questa è una mossa oltremodo suicida.
C'è un altro punto: dopo essersi fatti in quattro per cinque (in realtà più) anni, aver studiato come e probabilmente più di altri, ci si ritrova abbandonati a se stessi. Anche nel caso si consegua un dottorato, il blocco delle assunzioni per giovani in cambio di pensionandi toglie le ultime speranze alla giovane forza lavoro. Ci si ritrova dunque con un capitale di talenti, di abilità, di conoscenza non valorizzato perché, evidentemente, ritenuto poco utile. Mentre è un capitale notevole: sebbene lo studente italiano medio si piazzi malino nelle classifiche, lo studente di fisica, matematica e altre materie scientifiche è molto quotato sulla scena internazionale, basti pensare ai numerosi Nobel, anche recenti, provenienti o legati all'Italia (da Rubbia a Salam, tanto per fare due nomi) e al numero enorme di italiani al CERN di Ginevra.
Ebbene, esistono paesi che questo capitale invece lo valutano eccome, come dimostrato dal bilancio bavarese. Quando dovrò scegliere come e dove procedere la mia formazione o iniziare la mia carriera lavorativa questo sarà un fattore determinante per me come, credo, per molti miei colleghi. Perciò quel capitale di cervelli, nonché il capitale reale, monetario, impiegato per formarli verrà in sostanza regalato all'estero: dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Spagna alla Francia. Alla faccia della difesa del made in Italy.
L'unica conclusione che posso trarre, caro il mio Paese, è che qui la dirigenza non è interessata a me. Ed essendo in democrazia, dove la dirigenza è eletta dal popolo, ne devo dedurre che neanche al popolo interessano molto le mie capacità. Devo dire che questo mi offende. Dopo aver speso il mio tempo e il mio impegno per crescere e formarmi per poter alla fine dare il mio contributo alla società e far qualcosa di buono, vedo tutto questo buttato via. Il mio sforzo, quello che è stato il mio unico impegno e lavoro per gli ultimi 16 anni e, probabilmente, per i prossimi 4-5 non è niente, non serve. Sì, sono decisamente offeso.
Perciò la già prevista decisione di andarmene e di lasciarti, caro Paese, non sarà più soltanto una questione di prospettiva o, se vogliamo, di ambizione personale, sarà anche un atto di protesta. Non me ne andrò solo per premiare me stesso e i miei sforzi con un lavoro e una vita che li valorizzino, ma anche per punire te. Me ne andrò con coscienza e finanche volontà di regalare quei soldi e queste capacità ad altri, penalizzandoti così doppiamente. Non ci saranno rimpianti: chi non valuta questo tipo di sacrificio non lo merita, chi non comprende cosa potrebbe avere da me e da tutti quelli come me non merita quello che abbiamo fatto per lui, né merita di avere quello che avremmo ancora da dare.
Stammi bene

Karl

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sono parole che abitavano anche nella mia testa già da un pò.
Io mi sento più tradito che offeso.E anche arrabbiato, tanto.Complimenti cara italia, altri due cervelli in meno :(

davide scaini ha detto...

senti... ma se ci troviamo per caso in germania assieme... mi dai una mano col tedesco???
(pensavo alla francia perché il francese lo capisco di più...)

...son cazzi...